DONATI - COPPARI ENSEMBLE -
A PORTRAIT OF RADIOHEAD
Cartago, Coppari, Partipilo - NO GRAVITY
Auand 2019
A cinquant’anni dall’arrivo dell’uomo sulla luna, “No Gravity” è l’occasione per ricordare, omaggiare e fare una riflessione su un momento di svolta dell’umanità, ma anche un modo per giocare con il cambiamento costante. L’inedito trio formato da Stefano Coppari (chitarra), Domenico Cartago (pianoforte) e Gaetano Partipilo (sax) ha deciso di farlo nel modo più vicino a ognuno dei componenti: con un flusso di improvvisazione, catturato in questo EP pubblicato in digitale da Auand Records.
Tutto è nato durante la residenza Auand al Festival Jazzit 2018. La scintilla fra i tre musicisti è scoccata quasi accidentalmente: “Ci siamo incontrati in studio – spiega Coppari – veramente per caso durante quella residenza, senza esserci mai visti insieme prima e senza avere preparato niente. Le musiche che sono venute fuori ci sono subito piaciute e abbiamo deciso di approfondirle registrandone altre”. Queste tracce sono così diventate il materiale di questo EP, una sorta di eterea suite estemporanea a base di elettronica, loop e melodie nate sul momento.
Con un’aria sospesa e lunare che permea l’intero EP (a partire dalla copertina, in cui campeggia un dipinto dell’artista Fatma Ibrahimi), “No Gravity” prende ispirazione dal satellite e dal costante e incessante mutamento che lo contraddistingue: nello spirito di questo continuo cambiamento, le tracce evolvono trovando sempre un nuovo modo di gettare luce sull’elemento successivo, illuminando la presenza di tutti i membri del trio grazie anche ai cangianti riflessi dell’interplay.
credits
released May 31, 2019
CCP/01:
Domenico Cartago – synths, programming
Stefano Coppari – guitar
Gaetano Partipilo – alto saxophone
Recorded by Marco Valente in Montegrosso (BT, Italy) June 23, 2018 during the Auand residency at Jazzit Fest
Additional production by Domenico Cartago in Trani (BT, Italy)
Produced by Marco Valente & No Gravity
Thanks to Luciano Vanni, the Jazzit crew, Enzo Suriano and his Family!
© 2019 Jazz Engine
RECENSIONI:
A cinquant’anni dall’arrivo dell’uomo sulla luna, “No Gravity” è l’occasione per ricordare, omaggiare e fare una riflessione su un momento di svolta dell’umanità, ma anche un modo per giocare con il cambiamento costante. L’inedito trio formato da Stefano Coppari (chitarra), Domenico Cartago (pianoforte) e Gaetano Partipilo (sax) ha deciso di farlo nel modo più vicino a ognuno dei componenti: con un flusso di improvvisazione, catturato in questo EP pubblicato in digitale da Auand Records.
Tutto è nato durante la residenza Auand al Festival Jazzit 2018. La scintilla fra i tre musicisti è scoccata quasi accidentalmente: “Ci siamo incontrati in studio – spiega Coppari – veramente per caso durante quella residenza, senza esserci mai visti insieme prima e senza avere preparato niente. Le musiche che sono venute fuori ci sono subito piaciute e abbiamo deciso di approfondirle registrandone altre”. Queste tracce sono così diventate il materiale di questo EP, una sorta di eterea suite estemporanea a base di elettronica, loop e melodie nate sul momento.
Con un’aria sospesa e lunare che permea l’intero EP (a partire dalla copertina, in cui campeggia un dipinto dell’artista Fatma Ibrahimi), “No Gravity” prende ispirazione dal satellite e dal costante e incessante mutamento che lo contraddistingue: nello spirito di questo continuo cambiamento, le tracce evolvono trovando sempre un nuovo modo di gettare luce sull’elemento successivo, illuminando la presenza di tutti i membri del trio grazie anche ai cangianti riflessi dell’interplay.
I CCP/01 sono Domenico Cartago, Stefano Coppari e Gaetano Partipilo. In questo progetto nato per omaggiare e celebrare i 50 anni dallo sbarco sulla luna mettono insieme quattro brani di pure improvvisazione. Atmosfere a metà tra i crateri lunari e quelli di una tromba suonata in jazz club di New Orleans alla vigilia del lancio dello Shuttle. Una musica senza tempo, priva di dimensione ma carica di emozioni. Quel tipo di sensazioni che è difficile da inserire nero su bianco, anche con le parole. I CCP/01 lo fanno dando voce ai loro strumenti, provando ad interpretare degli orizzonti troppo luminosi o troppo bui per essere delimitati con precisione, un po’ come gli orizzonti che ognuno di noi si porta dentro, quel tipo di limiti che l’uomo anni fa ha cercato di superare esplorando nuovi pianeti e che noi ancora oggi cerchiamo di buttarci alle spalle affrontando i nostri fantasmi. No gravity è un disco che ci fa viaggiare dentro e fuori da noi stessi, avanti ed indietro nel tempo, e ci porta precisamente dove dovremmo essere quando conta.
Melodia e dialogo in primo piano per Stefano Coppari
Una ricerca artistica e umana che sfocia in “Eureka”.
Esce per Auand il nuovo lavoro del chitarrista alla guida di un quartetto con Claudio Filippini al piano Ananda Gari alla batteria e Ludovico Carmenati al contrabbasso Elegante e leggero, stratificato e gustoso, il nuovo progetto del chitarrista Stefano Coppari è un concentrato di melodie orecchiabili e capacità tecniche. “Eureka” è il risultato di un confronto costante con i generi, senza paletti a dividere gli stili. Anche la linearità dei temi, ben lontana dall’essere una rinuncia, è una precisa scelta stilistica di Coppari, che l’ha sempre considerata un elemento fondamentale anche in contesti più astratti.
Nato di getto al ritorno da un viaggio in Croazia e in Bosnia, il materiale sonoro di questo disco nasce interamente dalle mani di Coppari, che ha scritto e arrangiato tutti i brani. Tracce come “Arabian” e “Banja Luka” rivelano sonorità lontane eppure familiari. Proprio in quest’ultima emerge chiaramente uno degli elementi al centro del lavoro: il dialogo fra la chitarra e il pianoforte. «Durante la scrittura dei brani – racconta il leader – ho ascoltato un disco di Claudio Filippini ed è stato amore a primo ascolto. Sono rimasto molto colpito dal modo di suonare gli accordi, dalla sensibilità ritmica, dalla sua ricerca melodica e dalle sue composizioni. La sua presenza, dal punto di vista umano e musicale, è stata fondamentale per il sound complessivo del gruppo, sia per la registrazione del disco, sia per i live».
Accanto ai due strumenti, una sezione ritmica solida e creativa: se la personalità di Ananda Gari alla batteria è una sorta di sigillo di garanzia, il talento di Ludovico Carmenati al contrabbasso sta soprattutto nel suo suono e nel gusto per l’interplay. Ma la formazione si allarga in più di una traccia: fa capolino il Fender Rhodes di Emanuele Evangelista, altrove svetta morbida e leggera la tromba di Giacomo Uncini, come in “Berlino”.
In un percorso artistico che accoglie le deviazioni, non conosce barriere e continua a guardare avanti, Eureka è anche questo: «È un grido di gioia e soddisfazione – aggiunge Coppari – per la soluzione di un problema. Nel mio caso, la soluzione è il disco, il prodotto finale: Eureka è il risultato della mia ricerca quotidiana nella musica e nello strumento, esaltata dalla collaborazione con straordinari musicisti».
ENGLISH
Melody and dialogue in the spotlight
Stefano Coppari’s artistic and human research flow into “Eureka” Out now on Auand Records the Italian guitar player’s new work His quartet features Claudio Filippini on piano, Ananda Gari on drums and Ludovico Carmenati on double bass Elegant and light, layered and palatable, Italian guitar player Stefano Coppari’s new work is a heap of catchy melodies and technical skills. “Eureka” is the result of a genuine challenge with genres, no boundaries allowed. Far from being a surrender, the linearity of all themes is one of Coppari’s stylistic choices: he has always considered it as a basic element, even in more conceptual contexts.
Done in one go after a trip to Croatia and Bosnia, the sound material in this album is entirely penned by Coppari, who wrote and arranged all tracks. They reveal distant yet familiar soundscapes (Arabian, Banja Luka), as well as one of the key elements of the whole work: the dialogue between guitar and piano. «When composing the tracks — Coppari says — I have listened to a Claudio Filippini album and it was love at first sight. I was very impressed by his way of playing the chords, by his rhythmic sensibility, as well as by his melodic research and his compositions. From a musical and human point of view, his presence has been very important for the sound of the group as a whole, both when recording and when performing live».
Close to their two instruments is a solid and creative rhythm section: Ananda Gari’s personality on drums is like a seal of warranty, and Ludovico Carmenati’s talent on bass lies especially in his sound and his interplay style. The ensemble welcomes guests in more than one track: Emanuele Evangelista’s Fender Rhodes peeks out; elsewhere Giacomo Uncini’s mellow light trumpet stands out (Berlino).
In its artistic path, welcoming turns and looking straight ahead, Eureka is also «a cry of joy and satisfaction — Coppari adds — for the solution of a problem. In my case, the solution is the final version of this album. Eureka is the result of my daily research both in music and in my instrument, enhanced by the collaboration with extraordinary musicians».
Track List
01 Banja Luka (S. Coppari)
02 Wandern (S. Coppari)
03 Arabian (S. Coppari)
04 Berlino (S. Coppari)
05 Ballade (S. Coppari)
06 Eureka (S. Coppari)
07 A Quiet Place (S. Coppari)
08 Liberation (S. Coppari)
09 Scappiamo insieme (S. Coppari)
10 Heaven (Martin L. Gore)
Personnel:
Stefano Coppari guitar
Claudio Filippini piano
Gianludovico Carmenati duoble bass
Ananda Gari drums
guests
Emanuele Evangelista fender rhodes
Giacomo Uncini trumpet
Produced by Stefano Coppari
Executive Producer: Marco Valente
Recording: Artesuono, Cavalicco (UD) – Italy
Engineer: Stefano Amerio
Cover Photo: Giovanni Albore
RECENSIONI:
Ecco che parliamo ancora di jazz, ma questa volta il protagonista non è pugliese ma abruzzese di adozione marchigiana.
Il nostro Stefano Coppari autore delle composizioni di questo interessante album pubblicato dal nostrano Marco Valente di Auand a Bisceglie (BT).
Stefano è giovanissimo ma si avvale di una formazione musicale molto speciale: studia con Fabio Zeppetella e Ramberto Ciamarrughi, ma non solo frequenta i seminari di Siena Jazz dove fa un’incredibile esperienza con Enrico Rava, si diploma al Conservatorio Rossini di Pesaro prima in
chitarra jazz poi in composizione e direzione d’orchestra jazz con Bruno Tommaso. Ed è infatti da questo know–how cosi approfondito che nasce
questo disco, in cui noi rintracciamo il “Jazz” quello serio. Fantastici infatti gli arrangiamenti in cui Stefano accompagnato da degni compagni
di viaggio, quali Claudio Filippini al piano, prende il volo per percorsi musicali inediti eppure che contengono la storia del jazz più
contemporaneo. L’originalità di questo disco composto da un chitarrista è che non è la chitarra ad emergere in tutto l’album ma gli altri
strumenti quali il piano ed il contrabbasso, la tromba di Giacomo Uncini uno dei due ospiti del disco insieme a Emanuele Evangelista al Fender
Rhodes. Coppari non limita i suoi ascolti a compositori chitarristi quali Metheney e Rosenwinkel, ma si dedica all’ascolto anche di pianisti
quali Evans, Mehldau, Parks, ecco perché la sua musica ha un respiro più ampio che non le composizioni scritte da e per chitarristi.
Ascoltando questi brani sembra di passare dall’Europa all’America col semplice planare delle ali di un aeroplano. Si, per Stefano l’America è
dietro l’angolo ed è lì che auguro a Stefano di portare la sua musica così colta e speciale. La fonte di ispirazione delle sue composizioni
originali sono le semplici esperienze della vita che fuoriescono dalla quotidianità, dichiara in una mia breve intervista on line. Ed il
linguaggio musicale attraverso il quale in Nostro comunica al pubblico le sue idee , le sue sensazioni è nella sua complessità comunque
“semplice” perché, dichiara Stefano , la musica deve “arrivare” qualsiasi sia il genere. Ed infatti dice di ascoltare altri generi come
il Rock , poiché la musica è una e se è jazz tanto più deve essere contaminata. Un’ultima nota a Claudio Filippini che incide con Stefano
questo album: il pianismo di Claudio è sublime e anch’egli merita una fama che vada oltre i confini dell’Italia. Una nota di merito allo
studio di registrazione Artesuono di Udine di Stefano Amerio per il suono perfetto di questo disco.
Se avete bisogno di una sera per voi, se avete voglia di rilassarvi avvolti da una musica elegante vi consiglio di ascoltare Eureka il nuovo lavoro del chitarrista jazz Stefano Coppari. In questo album Stefano, apprezzatissimo chitarrista jazz, si avvale di musicisti altrettanto validi e versatili. Lo Stefano Coppari Quartet ha pubblicato Eureka, un album che non è solo jazz ma attinge anche ad altri generi come il blues e il rock; un album ricco di sfaccettature e orecchiabile, nato dopo un viaggio in Bosnia e Croazia.
Dall’inizio alla fine, per tutti i dieci brani del disco troviamo innovazione, forse è per questo che l’album si intitola Eureka; da Banya Luka in cui il pianoforte di Claudio Filippini appare vivo e movimentato; passando per Arabian in cui riecheggiano sonorità lontane; a Berlino in cui la chitarra di Stefano e la tromba di Giacomo Lucini si incrociano e affascinano; Liberation dove emergono tutti i musicisti come un coro; fino alla rivisitazione di Heaven dei Depeche Mode bellissima. Tutte le altre nove composizioni portano la firma di Stefano. Album affascinante ed eccellente in cui tutti i musicisti e gli ospiti si misurano in abilità; particolare nelle sfumature impreziosite da Emanuele Evangelista col suo Fender Rhodes.
Al suo terzo lavoro in studio e con questo nuovo progetto chiamato Stefano Coppari Quartet, il chitarrista definisce meglio il concetto di jazz nella ricerca costante di nuovi elementi e apportando una melodia raffinata e armoniosa.
Ascoltate Eureka album intelligente e d’atmosfera.
“Eureka” è stato realizzato da una brillante formazione che vede la chitarra del leader interagire egregiamente con il pianoforte di Claudio Filippini, sostenuti dalla ritmica ineccepibile di Gianludovico Carmenati e Ananda Gari. Da segnalare anche gli ospiti Emanuele Evangelista al Rhodes e Giacomo Uncini alla tromba. La musica si ispira vagamente ai momenti migliori della fusion, ma è particolarmente originale e dunque di difficile descrizione. Un lavoro ben scritto, ben prodotto e ben suonato.
La melodia come perno su cui far ruotare tutte le possibilità del quartetto e gli elementi che Stefano Coppari utilizza in Eureka.
Il chitarrista porta nel disco una visione stilistica molto equilibrata. Le dieci tracce – nove temi originali e una rivisitazione di Heaven dei Depeche Mode – prendono le mosse dal jazz elettrico degli anni settanta e puntano a realizzare una sintesi tra quei riferimenti e la scena attuale. Nel disegno disposto dal chitarrista entrano ascolti provenienti da mondi musicali diversi, come testimonia la scelta del brano non originale, e dalla lezione dei musicisti europei, dalle esperienze venute maggiormente alla ribalta nel corso degli ultimi decenni. Ritmiche swinganti oppure costruite in maniera meno tradizionale, sonorità elettriche più o meno marcate, la presenza degli ospiti: elementi utili per mettere a confronto le linee che entrano nella scrittura di Coppari, nelle intenzioni presenti negli arrangiamenti e nell’alchimia del quartetto.
Ed è proprio nell’equilibrio la cifra caratteristica del disco. Il passaggio dai punti di partenza alle spinte più contemporanee è condotto con gradualità. Lo sguardo all’attualità si insinua senza andare alla ricerca di spinte eccessive o forzate: la dimensione fortemente melodica pone le basi per una gestione complessiva sempre misurata e, soprattutto, coerente. Dalle note di pianoforte che aprono Banja Luka alla conclusiva Heaven, viene fuori un disco molto compatto e proposto dalla formazione con tranquillità, dove temi e assolo hanno modo di respirare e svilupparsi con la necessaria fluidità. Se Coppari e Filippini hanno un ruolo maggiormente preminente nel corso dei dieci brani, la ritmica costituita da Ananda Gari e Ludovico Carmenati sostiene sempre con proprietà gli interventi de solisti. E anche l’”accoglienza” dei due ospiti – vale a dire il trombettista Giacomo Uncini ed Emanuele Evangelista impegnato al Fender Rhodes – avviene secondo la stessa modalità rilassata per diventare, di conseguenza, ben integrata all’interno dell’economia del disco.
La formazione presente nel lavoro annovera musicisti giovani ma già in grado di esporre in maniera convinta il proprio mondo musicale. Se Claudio Filippini è da tempo una certezza della scena nazionale, grazie alle sue collaborazioni e ai numerosi dischi a suo nome, anche gli altri protagonisti hanno iniziato a manifestare la propria personalità e li abbiamo spesso incontrati nei dischi presentati sulle nostre pagine, così come sui palchi di rassegne e club importanti.
Un disco di esordio – se si esclude il lavoro co-firmato insieme ad Antonangelo Giudice – gestito con piglio, senza velleità rivoluzionarie ma con l’intenzione di mettere in mostra spunti personali.
Ventate nordiche, fascinazioni mediterranee, echi rockeggianti e frangenti debordanti di pathos etereo che riscaldano il cuore. Eureka è la nuova proposta discografica partorita dal brillante chitarrista jazz e compositore Stefano Coppari, che per questa stimolante avventura si affida a quattro valenti sodali come Claudio Filippini (pianoforte), Gianludovico Carmenati (contrabbasso), Ananda Gari (batteria) e agli ospiti Giacomo Uncini (tromba) ed Emanuele Evangelista (Fender Rhodes). La tracklist si compone di dieci brani originali frutto dell’acume creativo del leader, eccetto Heaven siglata da Martin L. Gore. L’ipnotica Arabian provoca un sussulto emotivo. L’incedere evocativo di Coppari è particolarmente ammaliante e impreziosito da alcuni fulminei sprint cromatici. Il climax crepuscolare di Ballade è salutare per la mente. Il playing lirico e rarefatto di Uncini è denso di trasporto emozionale. La vibrante Liberation è fonte di energia pura. Qui il tandem Carmenati-Gori intesse un costrutto ritmico graffiante e decisamente efficace. Eureka, disco che affonda le radici nel contemporary jazz, colmo di accattivanti tempi dispari, è una sorta di tavolozza zeppa di colori che rappresentano sensazioni mutevoli.
C’è l’amore per le melodie cantabili al centro dei dieci brani di “Eureka”, l’album che il chitarrista Stefano Coppari firma per Auand Records, con la collaborazione di Claudio Filippini al pianoforte, Gianludovico Carmenati al contrabbasso e Ananda Gari alla batteria. Quartetto al quale si aggiungono gli ospiti Emanuele Evangelista al Fender Rhodes e Giacomo Uncini alla tromba, per un insieme dall’ampio orizzonte timbrico, dove non è sempre in primo piano la chitarra del leader, il quale, all’interno di una scrittura agile e d’immediata comprensione, lascia spazi di manovra agli altri interpreti. Coppari, attraverso una nota stampa, descrive così l’obiettivo di questo lavoro: «È un grido di gioia e soddisfazione per la soluzione di un problema. Nel mio caso, la soluzione è il disco, il prodotto finale: “Eureka” è il risultato della mia ricerca quotidiana nella musica e nello strumento, esaltata dalla collaborazione con straordinari musicisti». Oltre ai brani originali, nati dopo un viaggio di Coppari in Croazia e Bosnia, tra i quali si rintracciano ballate, movimenti muscolari e situazioni dalle sonorità tendenti al mondo orientale, troviamo la rivisitazione di Heaven dei Depeche Mode, brano che racchiude un ispirato solo di chitarra e che si rivela come terreno ideale per esaltare le profonde capacità melodiche dei musicisti coinvolti.
Sono le 5:22 di un venerdì mattina, il sole pigro di fine aprile tarda a sorgere, ma c’è una splendida luna piena incastonata in un cielo blu profondo. Le lievi colline private del loro verde primaverile sembrano le onde morbide di un mare danzante. Dalla periferia ci dirigiamo verso la città per affrontare un’intensa giornata di lavoro e, come per fuggire da questa quotidianità, confortiamo il nostro risveglio lasciandoci coccolare dalle sonorità di Scappiamo Insieme, nona traccia di “Eureka”, l’ultimo album prodotto dalla Auand e firmato da Stefano Coppari… che ha scelto come compagni di viaggio Gianludovico Carmenati al Contrabbasso, Ananda Gari alla batteria e (dopo aver ascoltato i suoi lavori rimanendone affascinato) Claudio Filippini al pianoforte. Ogni casa discografica ha un suo suono che la distingue dalle altre, ma questa produce musicisti che hanno sì un’estrazione unica (il Jazz (o meglio la musica d’improvvisazione collettiva) ma ognuno di essi ha una sua particolare visione e propensione alla ricerca; c’è chi predilige gli aspetti verticali dell’armonia e chi quelli orizzontali della melodia, chi descrive i paesaggi dove ha vissuto oppure quelli che mutano nel proprio inconscio, creando così album molto diversi tra loro. Forse un tratto peculiare della Auand è la capacità di fare squadra, dare voce ai singoli, generalmente ogni album contiene composizioni di un unico autore, che ha la fortuna e la capacità di trovare dei compagni che sanno a loro volta integrarsi nella sua idea appieno.
Come dicevamo Coppari firma tutti i brani (fatta eccezione per la decima traccia, Haeven di Martin L. Gore) e cerca così di lasciarci un messaggio di allegria e spensieratezza, un senso di risoluzione legato appunto al compimento di quest’album. Per ottenere questo risultato, oltre ai musicisti già citati, si avvale anche della collaborazione di Giacomo Uncino alla tromba e Emanuele Evangelista al fender rhodes.
Gli sforzi di Stefano sono ripagati, l’attento lavoro di arrangiamento dà i suoi più ambiti risultati.
Ogni brano è legato agli altri mantenendo comunque un’energia propria, le melodie limpide e suadenti di Banja Luka, Wandern e A Quiet Place si portano dietro un senso di compiutezza, mentre Berlino, Ballade e Haeven sono più elettrizzanti.
In Eureka e Liberation, Coppari, dotato di un suo particolare talento, riesce a far ben emergere la personalità di tutti i musicisti chiamati in gioco. In Arabian, dopo una fluida introduzione del brano da parte del leader, Carmenati suona il contrabbasso in modo ancestrale, evocando i suoni arcaici dell’oud.
In Berlino la tromba di Uncini si unisce al suono di Coppari creando un canto corale e un effetto armonico dal grande fascino. In Banja Luka è il dinamico pianoforte di Filippini a condurre il brano e a marcare il mood dell’album, supportato dalla ritmica di Gari, sempre incisivo e abile in tutti i brani, a far emergere ogni sfumatura dei suoi compagni. L’armonizzazione elettrica porta la firma di Evangelista, qui funambolico col suo Fender Rhodes, si sovrappone alle linee melodiche di Coppari e Filippini, arricchendo l’opera con un’eccellente grana sonora. Coppari sprigiona dal suo strumento un suono che riporta alla tradizione chitarristica del jazz più limpido e cristallino, oltre alla sua personale concezione del suono.
Un album d’ascoltare e riascoltare, magari abbinato ad una bella lettura.